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Omaggio a Bernadette Rebiénot

Lo scorso mese di gennaio, la famosa guaritrice Bernadette Rebiénot è morta a Libreville, in Gabon, all'età di oltre 80 anni (Gabon: Décès d’une figure de la médecine traditionnelle).

Vent'anni fa ho avuto l'opportunità di essere iniziato da lei al rito Bwiti presso il suo Centro Oyenano, grazie all'intermediazione del mio amico il dottor Alain le Vigouroux, allora consigliere medico del governo del Gabon. Questa straordinaria esperienza di 5 giorni sotto l'effetto dell'Iboga o bois-sacré (legno sacro), equivalente africana all'Ayahuasca amazzonica, ha segnato profondamente il mio percorso personale. Il legame che si instaura in questo contesto è quasi filiale.

Bernadette Rebiénot, rotonda e possente allo stesso tempo, ispirava rispetto, fiducia e tenerezza. Si è dedicata con compassione alle persone che ha iniziato e di cui si prendeva cura, gabonesi o stranieri, maschi o femmine, ricchi o poveri.

Impregnata di saggezza ancestrale, ha sempre mantenuta una grande semplicità, una piacevole empatia, una sorta di naturale sicurezza di sé. Per il suo grande cuore, la sua generosa femminilità, la sua spontaneità a volte quasi ingenua, era allo stesso tempo la ragazza, la sorella, la madre, la nonna. Un'eccezionale esempio di umanità.

Nel 2001, abbiamo invitato Bernadette a partecipare a un incontro internazionale di guaritori a Takiwasi, l'unica rappresentante africana tra 40 sciamani amazzonici, e qui ha osato prendere l'Ayahuasca. La stampa gabonese ha riportato questa avventura (Une guérisseuse gabonaise chez les chamans de l'Amazonie). Un bellissimo film che racconta questo straordinario incontro è stato prodotto a Takiwasi da Jean-Claude Cheyssial (El Espíritu de la Ayahuasca), che ha anche elaborato un riassunto della visita di Bernadette in Perù (Une guérisseuse africaine au Pérou).

Bernadette era un'insegnante, una cristiana e si ritrovò ad essere l'erede del potere curativo di un antenato dopo aver sofferto di una malattia che solo l'iniziazione al Bwiti aveva potuto curare. Poi è diventato un riferimento in Gabon per le tradizioni Bwiti e anche una figura internazionale, rappresentante delle medicine tradizionali e del sapere ancestrale. Questo l'ha portata a far parte del Consiglio Internazionale delle Tredici Sagge Indigene creato nel 2004 a New York con l'obiettivo di incontrarsi ogni anno presso una di loro per discutere di medicine tradizionali. Il tredicesimo incontro si è svolto nel 2015 a casa di Bernadette in Gabon, e questo evento è stato registrato dal suo amico Jean-Claude Cheyssial nel film "Le Dernier Conseil" (L'Ultimo Consiglio) che è anche il suo ultimo ritratto.

In un affettuoso omaggio che le rende Jean-Claude Cheyssial (Hommage à Bernadette Rebiénot), lei spiega che durante lo stato di trance è abitata dal suo antenato ed è lui che guarisce attraverso di lei e lei confessa che le "dà fastidio" perdere il controllo di sé stessa in quel momento.

Questa contraddizione, che non ha potuto essere completamente risolta in Bernadette, l'ha portata a separare la sua "religione", come lei la chiamava, dalla sua pratica terapeutica, come due strade parallele che non si congiungono. Qui sta la grande sfida delle medicine ancestrali, che è quella di conciliare la spiritualità della propria tradizione con il cristianesimo (nella sua essenza, nella sua mistica, nelle sue origini...).

Questo argomento è affrontato nel libro del sacerdote gabonese Noël Ngwa Nguema sul Bwiti: "Rites Initiatiques Gabonais à la rencontre de l’Evangile" (Riti gabonesi di iniziazione all'incontro del Vangelo), che mostra l'ambiguità dei rapporti tra cultura ancestrale e cristianesimo, sia tra gli iniziati al Bwiti che tra i sacerdoti cattolici. La questione è stata ripresa recentemente, dopo la morte di padre Noël, con una riflessione di Simon-Pierre E. Mvone Ndong su "Le débat sur l'inculturation et sur la nouvelle évangélisation du Gabon, 20 ans après" (Il dibattito su inculturazione e nuova evangelizzazione del Gabon, 20 anni dopo). Abbiamo svolto una breve analisi (in francese) di questo libretto con alcune riflessioni che ci suscita. Ecco una conclusione tratta da questo modesto studio:

"Questo iato tra tradizione e cristianesimo ci sembra che possa essere colmato solo stabilendo 'ponti' tra le esperienze di iniziazione ancestrale e quelle del cammino cristiano. Questo cammino cristiano può e deve beneficiarsi dello studio dei testi per avvicinarsi alle medicine tradizionali, ma affinché questo studio non si limiti all'astrazione e all'elaborazione di ipotesi più o meno coerenti o immaginarie, deve fare affidamento sui contributi della clinica e confrontarla, cioè passare per una doppia esperienza, quella dell'iniziazione tradizionale su da un lato e della pratica della liberazione spirituale cristiana dall’altro lato".

Ci auguriamo che Bernadette si trovi ora nel luogo della risoluzione di queste apparenti contraddizioni, riconciliando la sua fede cristiana e la sua eredità ancestrale.

Jacques Mabit

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