- Buongiorno Dr. Mabit, può parlarci della sua esperienza riguardo l’incontro con gli spiriti?

È una domanda molto ampia, no? Io sono un medico occidentale, francese e cristiano innanzitutto, non al cento per cento, però educato in quel contesto ad ogni modo, buon cattolico fin dall’infanzia con momenti, come ogni giovane nell’adolescenza, di scontro con la chiesa, ma senza mai rompere totalmente. Tanto nel mondo della scienza e della medicina come nel mondo cristiano cattolico convenzionale, questo fatto dell’esistenza degli spiriti non esiste praticamente, non si tratta, non se ne parla.

Dunque sono andato a lavorare come medico in un piccolo ospedale del sud del Perù per 3 anni e mi sono incontrato con la medicina tradizionale andina, inizialmente, e poi con quella amazzonica e da 32 anni sono in contatto con guaritori, levatrici, sobadores y hueseros e tutti quelli che praticano medicina tradizionale. Nei loro discorsi appariva costantemente l’evocazione di “contatti” (chiamiamoli cosi) con il mondo invisibile, loro si riferiscono a questo mondo invisibile come la loro fonte di conoscenza e saggezza e delle loro pratiche di cura.

Nel mondo andino ebbi il primo contatto con una levatrice quechua che aveva accompagnato nella nascita quasi tutti gli abitanti del paesino. Le chiesi da dove arrivava il suo sapere, perché io vedevo che era davvero molto efficace, molto precisa nelle sue diagnosi, ed erano cose che potevo verificare clinicamente. Mi interessava sapere come lei sapeva queste cose, mi immaginavo che fosse dovuto alla tradizione tramandata da sua madre o dalla nonna. Mi disse che la sua conoscenza proveniva dal fatto che un giorno si trovava sulle montagne della Sierra con i suoi animali, i suoi lama e le sue pecore, e ci fu una tormenta elettrica e venne colpita da un fulmine, perse conoscenza, ma non morì e quando si risvegliò, sapeva curare! Ossia, il suo sapere non veniva né dalla madre né dalla nonna, né da una formazione specifica o capacità umana ma direttamente da un'esperienza di “alterazione della coscienza”, se così possiamo chiamarla…2 Ma io da occidentale come potevo spiegarmelo? Da una parte a livello clinico vedevo che lei era davvero efficace, era una vicina che conoscevo e sapevo che non era una pazza, o una persona delirante, ma una persona umile e totalmente normale. E, d’altra parte, affermava con totale tranquillità e semplicità che tutto ciò che sapeva veniva da un’esperienza di morte imminente o NDE (Near Death Experience) come si chiama usualmente.

Ebbi poi un'altra esperienza che mi segnò abbastanza, mi portarono un bambino di 7 o 8 anni incosciente all’ospedale, in stato di coma e che non rispondeva agli stimoli. Lo esaminai, ma non trovai nulla. Gli feci una puntura lombare e non trovai niente. Non c'era infezione, né meningite tanto meno una lesione nervosa. Non c’era alcuna spiegazione. Era un piccolo ospedale nella Sierra, non avevo a disposizione tecniche moderne. Con un esame clinico di base non trovai niente, allora lo mantenni in ospedale sotto osservazione. Passò un giorno, due, tre giorni e il bambino non migliorava, non stava né meglio né peggio. Sempre uguale. La gente iniziava a dubitare delle mie capacità come medico “il dottore non fa nulla", ed io non sapevo cosa fare, non potevo dargli un antibiotico a caso... Iniziai quindi ad ascoltare i familiari per capire la loro opinione e spiegazione di quanto era accaduto. Parlai con loro tramite un’infermiera che parlava quechua e poteva avere accesso al loro mondo culturale... Mi disse che per loro quello che era successo era che quando il bambino stava giocando nel cortile ed era caduto a terra, la Pachamama (Madre Terra) gli aveva assorbito l’energia, la forza vitale e da allora era come devitalizzato, come se la sua batteria fosse a zero… Loro pensavano che quella fosse la causa, allora io nella mia disperazione, perché non avevo alcuna risposta, nessuna diagnosi, e loro stavano ormai per portarsi via il bambino vedendo che non potevo farci nulla... sapevo che dovevo fare qualcosa. E non avendo a disposizione alcun argomento razionale, quindi scientifico, mi dissi… prendiamo in ipotesi ciò che loro pensano, quindi una perdita brusca di energia, sia quel che sia. Riportargli energia? Come fare per riportargliela?

Allora pensai che magari mettendo borse di acqua calda nei piedi e nel plesso solare il calore magari avrebbe potuto restituirgli un po’ di quell’energia perduta, seguendo la loro logica... Lo feci, perché siccome era un piccolo ospedale non c’era nessuna risorsa tecnica dovevo improvvisare con ciò che avevo a portata di mano. Lo feci e pregai, quella notte. Perché, mi dissi, se non funzionava questo, cos’altro potevo fare?

Il giorno seguente il bambino reagì e aprì gli occhi, come svegliandosi da un sonno profondo, ancora con poca energia, ma non era più in uno stato di coma. Continuai con il trattamento e iniziai ad alimentarlo. Iniziava a muoversi un poco, mangiare... E in pochi giorni, con queste semplici borse di acqua calda, il bambino si recuperò totalmente. Questo mi aveva fatto avere una buona pubblicità nel paesino, perché dicevano che il “dottore lo aveva salvato”. Il bambino continuò a venirmi a trovare durante tutta la mia permanenza in quel villaggio. Sebbene mi interessino i dibattiti teorici, come medico per prima viene l'esperienza clinica. In quella situazione la loro logica locale aveva dato risultati. Costretto dalla situazione avevo accettato di uscire dalla mia logica integrandomi alla loro e fu molto importante, tanto nel rompere con i miei propri schemi come nella mia relazione con i quechua indigeni della zona.

Espiritus1

Questo tipo di esperienze, e altre ancora (non posso raccontare tutti gli aneddoti), mi ha messo in contatto con il fatto che quest’altra logica che mi veniva proposta da un’altra cultura, aveva un certo grado di coerenza, era congruente con la realtà, funzionava. Come occidentale, come potevo capire questo?

Quando venni qui in Amazzonia, questa sfida si amplificò. Entrai in contatto con guaritori meticci e indigeni con l’intenzione di imparare attraverso la mia propria esperienza personale. Non volevo solamente che mi raccontassero della loro conoscenza senza che la sperimentassi, la vedessi da dentro. Perché di fatto i guaritori avevano un discorso molto povero nella teoria, che mi lasciava insoddisfatto. Quando per esempio gli si chiede perché e come quella certa pianta cura, loro ti rispondono “perché ha una forza che è curativa”! E con quello non fai molta strada.

Il loro tipo di espressione verbale è metaforica. Utilizzano immagini, come è proprio del linguaggio dell’emisfero destro del cervello. E, come tutti gli occidentali, io ero più che mai addestrato a usare l’emisfero sinistro, il linguaggio razionale. Quindi entrai in contatto con molti guaritori e sempre chiedevo loro se io, come occidentale, potevo sperimentare e così apprendere la loro medicina. E loro mi dicevano: “Sì, però se vuoi imparare, noi non ti possiamo insegnare, perché sono le piante che ti insegnano, perché le piante ti parlano. Devi prendere le piante, solo allora arriverai a capire. Le piante ti fanno vedere le cose come un televisore”. E cosa vuol dire questo per un occidentale? Mai nessuna pianta mi aveva parlato. Avevo difficoltà ad immaginare come poteva essere questo tipo di insegnamento.

Finalmente decisi che se volevo davvero conoscere questa medicina, dovevo seguire un’altra volta la loro logica. Erano loro gli specialisti. Mi resi conto che se iniziavo a razionalizzare e funzionare dal punto di vista della mia logica, non mi sarebbe servito a niente. Dovevo dunque lasciare temporaneamente da parte tutti i miei criteri scientifici, le mie categorie concettuali e accettare persino ciò che per me era più “irrazionale”. E poi dopo un periodo di tre o sei mesi ritornare alla mia realtà, alla mia logica, prendere distanza e analizzare i fatti secondo le mie strutture di lettura abituali, valutare se avevo appreso qualcosa, se era coerente, come stavo.

Iniziai quindi a bere ayahuasca con un guaritore qui a Tarapoto. Mi proiettò in un mondo totalmente sconosciuto, in uno stato alterato di coscienza, con visioni, un mondo visionario. Fu un’esperienza fondamentale per me e poi per Takiwasi.

Nella prima sessione ebbi tanta paura che mi bloccai, non successe nulla. Non avevo mai preso sostanze prima, non avevo mai consumato droghe, quindi avevo molta paura. Alla fine mi sentii un po’ stupido quando mi accorsi che la paura mi aveva dominato. I pazienti locali che partecipavano nella stessa sessione e che avevo visto piangere, vomitare, gridare, alla fine erano allegri e ridevano. Io non avevo potuto attraversare la soglia. Non potevo restarmene con quella sensazione di fallimento. Tornai 2 giorni dopo a bere di nuovo con lo stesso curandero e li non ebbi il tempo di avere paura. Fui proiettato bruscamente in uno stato di coscienza totalmente nuovo e non potevo controllare nulla. Avevo visioni però non erano come una visione distante proiettata su uno schermo, stavo vivendo la visione, vivevo in questa realtà visionaria.

In questa sessione mi incontrai con un boa gigante nero che iniziò a lottare contro di me, ad avvolgermi e mi spaventai perché era un’esperienza molto reale. E mi portava verso il fondo di un abisso oscuro, senza limite. E lottavo e lottavo e non potevo dominare il boa, lui mi dominava. Fu angustiante e per me durò un’eternità. Lì si perde la nozione del tempo. Ero totalmente assorbito dall’esperienza, in questa lotta di vita o morte. Mi resi conto poco a poco che non potevo superare questa forza letale che mi portava a morire.

La rabbia. “Che stupido, perché non sono rimasto tranquillamente ad aprire un consultorio in Francia invece di essere qui, questo è qualcosa di tossico, non è per gli occidentali, è solo per indigeni”. Poi la tristezza, per la mia famiglia. Cosa sarebbe stato di mio padre che avrebbe scoperto l’indomani che suo figlio era morto bevendo una pianta con gli indigeni? Vidi la bara dove giacevo morto, la gente che andava al mio funerale... Rimorsi per tutto quello che non avevo fatto o detto prima di morire… Proseguiva la lotta e poco a poco la morte mi apparve come un fatto ineluttabile. La mia sorte era segnata. Era così e basta, non c’era via d’ uscita. Quindi venne l’accettazione. Accettare progressivamente l’idea che la mia vita finiva così. Non c’era altro da dire, né da fare, solo accettare.

E poi mi resi conto che nonostante tutto la vita sarebbe continuata. Tanto per la mia famiglia, una volta passata la tristezza, come per la gente di qua, di Tarapoto. Magari sarebbe uscito sul giornale che un francese era morto prendendo ayahuasca e avrebbero detto “ah” e poi sarebbero tornati a fare colazione. Non sarebbe cambiata la vita di nessuno, né sarebbe interessato a molta gente, tanto meno alla società in generale e al mondo intero. Quindi poco a poco venne l’accettazione totale: è così.

In quel momento mi venne in mente una frase che proveniva da me, ma come se venisse da una realtà al di là me, e mi dissi interiormente: “Jaques non ha importanza”. Una specie di evidenza manifesta che il mondo non aveva bisogno di me e poteva vivere senza di me, che io non avevo nessuna importanza. E ripetei questa frase tre volte con una autenticità assoluta perché ormai me ne andavo da questo mondo. “Jaques non ha importanza, Jacques non ha importanza, Jacques non ha importanza” Tre volte… Alla terza volta sorprendentemente il boa lasciò d’improvviso la presa e scomparve. E allora mi resi conto che non sarei morto. Non ci potevo credere. Stavo ancora nel fondo dell’abisso ma libero e in grado di ritornare alla superficie.

In quel momento mi venne in mente una frase che proveniva da me, ma come se venisse da una realtà al di là me, e mi dissi interiormente: “Jaques non ha importanza”.

Mi vennero in mente tante cose... potevo collegare questa falsa “importanza” che avevo ad una grande quantità di eventi e situazioni nella mia vita. Si chiarivano relazioni e comportamenti di ciò che mi era successo fino ad allora. Iniziai a rendermi conto come prima di questo fatto mi davo importanza e come questo si era manifestato nella mia vita sociale, professionale, familiare, amorosa. Infine apparvero le tante ramificazioni di questa credenza egoica sulla mia propria importanza, di come ciò guidava inconsciamente il mio comportamento.

Ritornavo poco a poco alla superficie, uscivo a tappe da quell’abisso come un sommozzatore che risale dal fondo del mare. E mi avvicinavo alla coscienza ordinaria. Ancora spaventato, pensavo “Non berrò mai più ayahuasca, non è per gli occidentali”. E di nuovo avevo associazioni e comprensioni e mi affascinava questa chiarezza mentale. E salivo di un piano più sopra, con minori riserve e altre associazioni. Fino ad arrivare alla superficie, alla coscienza, tornare in quella sala dove stava finendo una sessione di ayahuasca. Ebbi allora la reale sensazione di aver fatto una scoperta fenomenale e dissi: “Questo è ciò che cercavo”. Quello che cercavo senza saperlo. La verità riguardo me stesso.

Questo boa è lo spirito della Ayahuasca. Il modo in cui si visualizza. Ciò che mi ha portato a questo combattimento, questa lotta... a questa presa di coscienza tanto importante. Dominò il mio ego. Una forma di morte dell’ego, una morte parziale perché realmente non muore mai, ma una prima morte. Con il premio di una liberazione incredibile. Alla fine avevo compreso molte più cose in una sola notte che in tutto ciò che avevo potuto riflettere, leggere o pensare prima di quel momento. Una medicina forte che abbraccia il corpo, la morte, l’efficacia e la spiritualità, il senso della vita e della morte.

Quello fu il mio primo incontro con lo spirito della ayahuasca.

Continuai a prenderla e nell'ottava sessione di ayahuasca ebbi un'altra esperienza fondamentale per Takiwasi. Mi vidi nella selva davanti a 12 personaggi con fattezze indigene seduti in semicerchio. Sembrava che fossi uno studente davanti ad una commissione d'esame universitario. Era impressionante. Mi parlarono dicendomi: “Siamo gli spiriti guardiani della selva”. Non avevo mai sentito parlare di questo, era qualcosa di assolutamente inimmaginabile per me, al di fuori della mia cultura. Aggiunsero: “Perché bevi ayahuasca?” Mi sentì molto impressionato e risposi che era perché volevo imparare questa medicina. Allora si consultarono tra di loro e finalmente quello al centro, come se fosse il presidente del gruppo, mi disse: “Sei autorizzato ad entrare in questo territorio” quella fu la frase esatta che disse e che mi rimase impressa e da allora mi diede una sensazione di legittimazione in quello che faccio. E aggiunse: “Tu puoi entrare, ma il tuo lavoro, il tuo cammino passerà attraverso questo” e allora vedi me stesso che curando persone con problemi di dipendenza, tossicomani. Fu una totale sorpresa per me poiché non era qualcosa che avevo in mente di fare, tanto meno era un tema che mi interessava. Non avevo neppure mai consumato droghe, né bevuto alcool o fumato sigarette. Mi ero ubriacato solo una volta con birra e mi ero sentito in modo pessimo. Non avevo nemmeno problemi di tossicodipendenza o alcolismo all’interno della mia famiglia diretta.

Tutto il progetto del Centro Takiwasi è stato frutto di queste esperienze. Sebbene inizialmente opposi resistenza a intraprendere quest'avventura perché l’idea non mi piaceva. La vedevo troppo complicata, esigente, al di fuori dei miei interessi. Non avevo idea di come e dove realizzare un centro, chi mi potesse aiutare, con quali fondi.. Ma poi costantemente ho ricevuto indicazioni, in uno stato alterato di coscienza indotto dalle piante, nei sogni o nella vita quotidiana stessa attraverso le sincronicità.

Per esempio quando cercavo un posto dove poter stabilire questo centro visitai diversi luoghi. Tra questi c'era un terreno abbandonato, prossimo alla città e vicino al letto del fiume Shilcayo. E durante una sessione di ayahuasca mi venne detto che “questo è il luogo”. Quindi andai dalla proprietaria, una donna, e le dissi che avevo intenzione di comprare questo terreno. Mi rispose: “no, non è in vendita e non lo voglio vendere”. Sembrava una contraddizione con ciò che avevo ascoltato nella sessione di ayahuasca. Allora presi di nuovo la ayahuasca domandando riguardo all’indicazione ricevuta, e questa volta mi venne detto: “Aspetta, sarà la stessa proprietaria a cercarti”. Allora aspettai ed effettivamente dopo 2 mesi venne la signora a cercarmi, mi disse che le avevano offerto di comprare una farmacia a Lima, un’attività interessante che non voleva perdere, ma non aveva sufficiente capitale. L'unica cosa che poteva fare era vendere il terreno...E in 8 giorni era mio.

La conferma dei fatti dimostra la coerenza di tutte queste ispirazioni perché io stesso ero molto scettico. La suggestione o l'immaginazione non possono spiegare questa reiterata coerenza. Questa congruenza con la vita quotidiana segnala che in questo mondo invisibile regna una grande intelligenza. E non riguarda solamente fenomeni dell'inconscio personale, visto che inizialmente contraddice le proprie aspettative. Non volevo morire nella prima sessione né curare tossicodipendenti nell'ottava… è sorprendente, contraddice le aspettative e a volte si dimostra coerente con la vita quotidiana.

Ed ecco qui Takiwasi, con 25 anni di esistenza. E proseguiamo sempre poveri, ma fiduciosi in questa provvidenza che non è mai mancata anche mettendo alla prova la nostra fiducia.

Poco a poco questa cartografia del mondo invisibile si è arricchita. A modo mio direi che ogni elemento della creazione invisibile è presieduto da un'entità che ne è custode, uno spirito o meglio una presenza angelica. Si tratta del mondo intermedio, il mondo della creazione invisibile. Con i nostri sensi percepiamo i minerali, i vegetali, gli animali, il cosmo e l’essere umano. Esiste un'altra dimensione che è la creazione invisibile per noi nello stato ordinario di coscienza. Questo mondo invisibile è popolato da esseri anche loro creati, ma incorporei, non hanno un'esistenza fisica o materiale, però sono dotati d' intelligenza, libertà, volontà e presiedono tutti gli elementi del mondo fisico. Così esiste uno spirito per ogni grotta, fiume, albero e tutti gli elementi della creazione naturale. Esistono spiriti anche per ogni ente complesso come una persona, per ogni città, ogni paese, ogni istituzione come Takiwasi, per ogni famiglia. Ma c'è anche uno spirito o ente angelico che presiede le funzioni psichiche, le emozioni, che non sono propriamente cose materiali ma partecipano nell'incarnazione. Esiste l'angelo della bontà, un angelo del perdono, dell’amore, dell’amicizia, etc. Esistono però anche enti spirituali che presiedono ciò che noi percepiamo come negativo: l'angelo della collera, della rabbia, o lo spirito dell'incesto, del suicidio, ecc. Nella tradizione vengono chiamati spiriti cattivi, angeli neri, o demoni.

Tutto è controllato da esseri del mondo intermedio, e lo chiamo intermedio perché si ubica sopra della creazione sensibile e al di sotto della divinità. E questo mondo degli spiriti è duale, è bianco o nero, ci sono spiriti buoni o cattivi. Mentre nella nostra realtà umana non siamo completamente buoni né totalmente cattivi, né bianco né nero, ma grigi, c’è un miscuglio, siamo ignoranti, fino ad un certo punto non sappiamo cosa facciamo. Nel mondo spirituale, intermedio, gli spiriti sì, loro sanno cosa fano, si sottomettono o no alla divinità. Quando iniziai ad assumere ayahuasca, ad apprendere poco a poco e poi a curare, pensai inizialmente che la medicina era realmente medicina pura e che ogni negatività veniva da me stesso o da altre persone. Il mio obiettivo era usare le piante per aiutare la gente in un contesto psicologico, emozionale, relazionale. Però mi resi conto immediatamente che era inevitabile l'incontro con questi esseri spirituali. Con quelli buoni, gli angeli, non c'erano problemi, al contrario. Ma l'incontro con demoni o spiriti malvagi è stata per me una grossa sfida. E fu patente che molte persone erano malate perché erano parassitate o contaminate in qualche modo da entità malevole maligne. Il lavoro di pulizia e di cura consisteva dunque nell’espellere, esorcizzare. La cosa non mi piacque per niente, non avevo mai pensato a riguardo e non era piacevole né divertente stare in contatto con queste cose. Ma non era solo questione di scegliere o meno. O abbandonavo tutto, o lo affrontavo.

Allora poco a poco iniziai ad affrontare questa problematica, con paure, angustie, dubbi. L'enorme difficoltà quando si è in contatto con le entità, con gli esseri, era quella di discernere se si tratta di angeli o demoni. Da dove viene, come agisce, come si affronta? I demoni hanno mille tattiche e trucchi ingannevoli. Per questo li cataloghiamo come maligni. Si presentano come buoni spiriti, adottano l'aspetto di divinità, della Vergine, di Cristo, di maestri... tante forme simpatiche e belle. E' la strategia della seduzione.

La sfida consiste quindi nell’individuare i criteri di discernimento che ti permettano sapere esattamente con chi uno sta entrando in contatto volontariamente o involontariamente. E dominare questo affinamento della capacità di discernere è qualcosa che non finisce mai in assoluto. Si può sempre perfezionare.

Durante tutto questo processo, questo percorso, mi resi conto che questa esperienza clinica, di osservazione empirica, che dovevo integrare, capire, era coerente con la teologia cattolica. Questo venne dopo, come alla maggior parte dei cattolici, non mi avevano mai parlato di questo. Sembrava appartenere ad una storia del passato, di un certo oscurantismo. Non si danno insegnamenti a questo riguardo nell’epoca attuale.

I preti stessi non credono che ci sia il male personificato in entità. Tutti i fenomeni di questa natura si razionalizzano e si riducono a produzioni simboliche, creazioni o elaborazioni dell’inconscio, di ordine psicologico personale o collettivo, virtuale insomma. Tutto mira a negare questa realtà. Senza dubbio, Gesù nei Vangeli ci dimostra molte volte che il suo lavoro consiste nell’espellere i demoni, imporre le mani e liberare i malati. Incluso l’ultima cosa che dice ai suoi discepoli come testamento: “Curate i malati, imponete le mani, espellete i demoni e predicate la buona novella”. Ma chi al giorno d’oggi crede in questo e lo pratica?

All’inizio mi sembrava che tutto il mondo invisibile fosse lontano e perfino contrario alla mia fede cristiana. Ero ignorante riguardo a questa dimensione mistica della vita. Poi però poco a poco approfondendo nella dottrina e nella letture dei testi, della Bibbia, ho trovato una coerenza assolutamente incredibile.

Iniziai a condurre questo combattimento spirituale e diventò evidente che avevo bisogno di strumenti spirituali. Nella lotta non ero io Jaques che combattevo contro gli spiriti, ma ero un soldato che doveva pregare per chiamare gli spiriti buoni che avrebbero sostenuto il combattimento. La lotta si realizza al di sopra della mia testa. Però sì, è necessario chiedere, pregare, supplicare.

E i buoni curanderos pure fanno questo. Chiamano lo spirito delle piante medicinali, dei loro maestri guaritori. Questo già costituisce un livello esorcista. Inoltre nel “bagno culturale cristiano” dell’America non smettono di invocare i santi, la Vergine, gli angeli, Cristo. San Michele e tutto il panteon cristiano conferiscono una forza incredibile durante il combattimento ed è di evidenza clinica, per così dire.

Ho scoperto poco a poco questa dimensione delle medicine tradizionali amazzoniche dato che non si trova nulla di scritto su questo nella letteratura antropologica. Vengono considerati come meri fatti culturali senza una reale consistenza né dimensione universale. Il rifiuto del mondo accademico e dell’Occidente in generale verso le dimensioni mistiche impedisce un approccio razionale e sereno riguardo a questo tema. E non permette l'accesso alla pratica, alla valutazione clinica. Per me la prova migliore continua ad essere la clinica. Un'ipotesi si confronta con la pratica e se è possibile curare la gente secondo questa logica e questi modelli, si dimostra la sua consistenza. È quello che, ad esempio, cerchiamo di dimostrare con i pazienti tossicodipendenti. Sappiamo quando è difficile trattare questo tipo di problema di dipendenza, ma grazie a questo approccio sì, si può curare.

Ho un aneddoto riguardo a questo come illustrazione. Il padre di una donna nordamericana, che è mio amico, mi contatta chiedendomi di trattare sua figlia di 38 anni che è in costante trattamento psichiatrico dall’età di otto anni. Normalmente non accetto questi casi, ma essendo un amico accetto di vedere se è possibile. La donna ha assunto ogni tipo di medicina psicoattiva… e sta ancora male. Ha incubi ogni notte con la sensazione di una presenza al suo fianco. Quando quella donna viene qui e quando io mi avvicino a lei per la prima volta vedo accanto a lei la Vergine da un lato e, dall’altro lato, un'entità, uno spirito maligno. La presenza della Vergine mi conforta e mi incoraggia ad affrontare lo spirito maligno. E dico alla donna: “Hai uno spirito al tuo fianco!”. Mi guarda sorpresa e mi chiede: “Tu sei un medico?”. “Si, sono medico” Lei prosegue: “Sono 30 anni che racconto ai dottori che c'è uno spirito al mio fianco e non mi credono. E' la prima volta che qualcuno mi crede. Inoltre gli ho anche dato un nome perché vivo con questo spirito da 30 anni, è quasi come un amico”.

Solo che quest'amico le stava rovinando la vita, le chiesi se era disposta ad abbandonare quel vincolo perché non era un buon amico, ma un ente perturbatore. E accettò. Le chiesi di seguire bene le mie indicazioni. “E’ un combattimento, una battaglia e l’altro cercherà di interferire, di non andare via, cercherà di farti fuggire, di farti abbandonare il trattamento”. Iniziai a fare unicamente cure con trattamenti del corpo energetico e preghiere. Non prese ayahuasca neppure una sola volta. In 8 giorni, e per me fu spettacolare, questa entità scomparve. Lei abbandonò tutte le sue medicine. Questo successe 4 o 5 anni fa e oggi ple continua a stare bene e senza usare medicine.

Questi casi per me sono prove al contrario, la cura dimostra la coerenza della diagnosi. Invocare la suggestione è considerare che tutti i suoi psichiatri, per 30 anni, non hanno saputo vedere quello che era e l’hanno medicata per niente. Quindi, si era suggestionata lei, i suoi psichiatri ed io stesso… Ma ora è sana. Inoltre, quando si sta in questi combattimenti, si tratta di una esperienza sensibile, che si sente fisicamente, corporalmente. Non è soltanto di ordine mentale dato che questa realtà spirituale influenza la dimensione incarnata, tanto nel bene come nel male. È qui che si introduce più precisamente il discorso dell’incarnazione. È molto difficile da concepire per chi non vive queste esperienze, non lo sperimenta sul proprio corpo. Sorgono moltissimi fenomeni paranormali, esperienze extrasensoriali.

Inizialmente non ci si accorge che si tratta di uno spirito del male, non si riconosce la sua malignità. In base alla seduzione, questa presenza spingerà la persona al male, alimentando la sua parte narcisista. E la persona, sedotta, si sottomette inconsciamente a questa entità. Gli suggerisce per esempio: “Sei libero, liberati dei tabù e delle limitazioni, puoi avvicinarti a chi vuoi, è il tuo corpo, nessuno può importi nulla”. e così lo porta ad una vita sessuale promiscua in nome della libertà.

Mediante le piante o la preghiera, ci si rende conto che ciò non è una cosa molto buona, che c’è qualcosa o qualcuno che ti sta suggerendo queste cose negative, quando la seduzione smette di funzionare questo spirito che si presenta in forma seduttrice, simpatica, carina, mostra la sua vera faccia ed è lì che la gente vede quel lato demoniaco, malevolo. E si spaventa. E a questo punto possono avvenire fenomeni paranormali. Appaiono animali ripugnanti, si accende la luce da sola, si chiude la porta senza che nessuno la tocchi, ci sono strani rumori, si sente qualcosa di strano nell’ambiente, ti viene la pelle d'oca... generando angustia, spavento, persino panico. E la seconda strategia degli spiriti maligni è spaventare le persone, sottometterle con la paura. La gente non ne vuole sapere più e preferisce rimanere così per paura.

Quando si affronta la paura, armandosi di fede, con strumenti spirituali, la terza strategia è lo scoraggiamento. Lo spirito maligno suggerisce che non si può fare niente, che la tua vita è destinata alla disgrazia, che si va a soffrire molto, non ci si potrà sposare, ecc. E si può arrivare a sottomettersi per lo scoraggiamento, la disperazione, la stanchezza. E così esistono altre strategie maligne. Ciò nonostante ci sono quasi sempre queste grandi strategie che si possono riconoscere e permettono di lottare meglio quando si conosce come funzionano.

Ciò nonostante, questo mondo spirituale è tanto ampio, immenso come la selva. Tu puoi conoscere 10 o 50 piante, però ci sono altre mille da conoscere... Siamo troppo piccoli e limitati solo con le nostre forze... abbiamo bisogno di un aiuto spirituale. Esistono spiriti ma non sono tutti buoni, e perciò l'apertura a questo mondo non visibile è rischiosa, e potenzialmente pericolosa. Pertanto è necessario conoscere il modo in cui aprirsi a questo mondo con le attenzioni necessarie. Il cammino verso la divinità attraversa questo mondo angelico, spazio di mediazione, dei mediatori, per cui è inevitabile. Però non si raggiunge in qualsiasi modo, occorre la vita mistica.

Così la gente lo vive in profondità quando approccia questa dimensione con le piante, si sente “toccata”, non so che parola utilizzare, toccata nella sua anima, nella sua mente, nel suo cuore, nel suo corpo. E allora non può dire che questo non esiste.

Molte persone provano tanta rabbia e rancore verso la Chiesa, con l’istituzione, con il passato o il presente dell’istituzione che li allontana. Mi sembra che l’opposizione alla Chiesa per la sua storia sia ampiamente esagerata per una specie di leggenda nera di propaganda anticristiana, sebbene senza dubbio esistano cose riprovevoli. Ma dopo queste esperienze mistiche, questo non importa, diventa qualcosa di secondario, perché si va direttamente al cuore delle cose. È come la tua famiglia, a cui puoi rimproverare tante cose, ma in ogni caso è la tua famiglia e la amerai nonostante tutto. Quando si va al cuore delle cose, tutto si relativizza, rimane l’essenziale.

L'esperienza mistica ha bisogno in qualche modo di democratizzarsi. Si presenza come una specie di cosa riservata a persone straordinarie, a santi al di fuori del comune. E noi non siamo né Santa Teresa, né Padre Pio. Quindi la vita mistica non sarebbe per noi. Ma è necessaria una connessione spirituale diretta, sensibile, per ognuno, al proprio livello. Altrimenti sarebbe come avere una relazione platonica o concettuale con una donna senza sentir nulla del calore amoroso, solo che ti piace l’estetica del suo fisico, ti seduce che parli bene, che sia intelligente, però non ha toccato il tuo cuore, né la tua intimità e il tuo essere profondo. Questa relazione durerà molto, non diventerà matura, non è viva né autentica. La vita spirituale è una relazione d’amore o dovrebbe esserlo.

Quindi tutto quello che posso scoprire e continuo a scoprire in questa immensità dell’esplorazione delle medicine tradizionali, del mondo invisibile cui le piante danno accesso, mi sembra ogni volta più coerente con l’esperienza cristiana. E vice versa, l’esperienza cristiana permette di vivere molto meglio queste esperienze, quest’esplorazione, quest’avventura spirituale.

Questa relazione non è nuova, esistette nel cristianesimo, però si vive poco nell’attualità perché si è lasciata da un lato nella misura in cui la Chiesa si è razionalizzata al passo della società civile. Si è sottomessa al pensiero razionalista e positivista occidentale, si è dimenticata delle sue radici e ora pensa che siano cose folcloristiche, del passato, obsolete, che ormai non hanno più efficacia ai giorni nostri. Questo punto di vista mi sembra un dramma enorme.

Attualmente molta gente soffre perché è sottomessa a queste forze spirituali maligne non identificate. A volte sono problemi relativamente facili da risolvere, altre volte non tanto. Ma finché non si recupera questa nozione della possibile interferenza maligna, si può passare anni sottomessi a questi disturbi, a queste sofferenze, e non ci si può liberare. Quello che addolora è vedere che la Chiesa dispone di strumenti efficaci per risolvere questi problemi e non li usa.


- Secondo lei uno spirito maligno può trasformare il suo atteggiamento in quello di uno spirito buono grazie alle attività degli esseri umani, dei guaritori e dei medici?

No, gli spiriti sono buoni o cattivi in forma definitiva. Non c’è marcia indietro né opzione di cambiamento.

Molta gente mi dice “sì, ho qualcosa di cattivo però questo mi serve perché mi dà esperienza, mi permette di imparare qualcosa, mi stimola, lo voglio conservare”. Allora gli propongo di fare una sessione di ayahuasca perché possano avere di fronte chi è il presunto amico. E al giorno seguente non ne vogliono più sapere niente del famoso compagno. Quando si rivela pienamente la sua malignità, nessuno lo vuole più. È un altro inganno della seduzione.

Non li si può volere, non sono poveretti, perché il loro stato è il risultato di un’opzione libera, in piena conoscenza. Noi sì abbiamo diritto al perdono, alla misericordia, perché optiamo al male per ignoranza. Il peccato nella sua prima accezione in ebreo “Hett” è un termine di tiro all’arco che significa puntare fuori dal bersaglio, sviare dal cammino per ignoranza, per errore, quindi si può correggere, si può riparare.

Gli spiriti del mondo angelico decidono in piena conoscenza delle conseguenze e di fatto non vogliono tornare indietro. Pertanto non hanno né la possibilità né il desiderio di cambiare. Una delle strategie dei demoni è precisamente negoziare, voler convincere la gente che possono cambiare, che non li si abbandoni, per mantenere un legame, che li trattiene. È tempo perso e implica molta presunzione proporsi di cambiare un demonio. L’unica cosa che si può fare con uno spirito maligno è espellerlo.

Allora, c’è da chiedersi, al di là del procedimento di espulsione, dell’esorcismo, da dove è entrato, perché esiste questo contatto con l’entità malefica. Qual’è la porta di entrata?

Può venire dalla vita personale, da qualcosa di scorretto che si è fatto, da qualche trasgressione di leggi spirituali, da qualche pratica esoterica, di spiritismo, satanismo, abusi di tutti i tipi, ecc. Queste trasgressioni stabiliscono in maniera cosciente o no una forma di patto, di consenso, di accordo a vari livelli con gli spiriti che presiedono a queste trasgressioni. Conferisce loro un certo potere per un certo tempo su quelle persone. Nelle pratiche occulte il patto fornisce anche potere temporale a queste persone, capacità fuori del comune, però il giorno che non servono più, quegli stessi spiriti li vanno a mangiare vivi, li respingono con crudeltà, senza pietà. Gli spiriti del male non hanno amici, soltanto schiavi. Quindi c’è da indagare prima nel proprio passato, nella propria biografia. Se la trasgressione è stata cosciente e la dedizione totale (patto di sangue per esempio), le conseguenze saranno maggiori.

Può venire anche da qualcosa che mi hanno fatto: esiste il danno, la stregoneria, le fatture, si può agire in forma dannosa sulle persone. O eventualmente può procedere da una contaminazione esterna dovuta alla prossimità con luoghi o oggetti, persino animali, contaminati da uno spirito maligno.

Esiste anche la possibilità che si tratti di una eredità transgenerazionale. Se un antenato ha avuto qualche vincolo con una entità maligna, un tipo di patto o di relazione con questo mondo satanico, demoniaco e che non è stato pulito o riparato, questo si può trasmettere di generazione di generazione. Molti casi di patologia mentale si spiegano in questo modo, la persona è parassitata da uno spirito, o vari, a volte molti, persino dal momento del suo concepimento. Quindi nasce con questo peso e può presentare perturbazioni psicologiche, relazionali, che non si identificano e fanno pensare alla persona che sia qualcosa di proprio. Arrivano a pensare che così sono e così saranno. Quando si può riconoscere e integrare questa nozione di vampirismo o entità parassita, scoprire che c’è un “passeggero clandestino” che sta lì, si possono prendere le misure necessarie per espellerlo e recuperare la propria integrità.

Così si vedono persone che, per esempio, hanno pensieri perversi, suicidi, tendenze all’abuso, all’incesto, e a volte dalla loro tenera infanzia. Questo li fa soffrire perché contraddice la loro libertà, la loro morale, i loro valori profondi. Ho visto bambini di 4 o 5 anni che bestemmiano senza sapere quello che dicono perché non sono loro che parlano ma uno spirito di blasfemia che abita in loro e li utilizza. Lo posseggono per eredità. Lo si può riconoscere e confermare a queste persone che non sono maligne per natura o essenza, ma che c’è una entità perversa che li parassita, che sta in relazione con loro, con il loro corpo. È molto curativo e liberatore per queste persone quando si rendono conto che alla fine non sono dei mostri, che nel fondo sono buone, e che esiste qualcosa, o per dire meglio qualcuno, da affrontare in una lotta. Che si può vincere e che può portare alla liberazione.

In molti casi psichiatrici, ad esempio nelle patologie dissociative, la persona è dissociata in due o più personalità. Ad esempio una persona ha crisi di rabbia assolutamente incredibili e si dice che sia “fuori di sé”. Effettivamente, per certi versi, è abitata da uno spirito di collera, incontrollabile, che prende il comando e la sloggia dal proprio corpo. Qualcuno sta lì e assume il comando contro la volontà della persona. E quando passa la crisi, questa persona si sente male per aver detto o agito contro la propria volontà, per fatti di cui sente senza dubbio la responsabilità. Si genera una grande colpa. Accade lo stesso con le droghe dalla cui dipendenza le persone non possono liberarsi, la dipendenza supera la loro volontà, li tiene assoggettati. Però in certi casi si può riconoscere che non sono due parti della stessa persona, che uno non è dissociato o diviso in due, ma che realmente ci sono due entità, il soggetto ed un parassita alieno. Questo restituisce alla persona la sua integrità, la sua unità interiore, con il riconoscimento di un parassita esterno identificabile e che si può espellere. Questa presa di coscienza, che si può verificare con la clinica, è sommamente curativa. Come nell’esempio precedente della donna che ebbe un parassita per 30 anni e poté liberarsi. Così non ha più pensieri o suggestioni perverse, scompaiono semplicemente con l’espulsione dell’intruso.

Esistono molte porte di entrata possibili ed è come un’indagine di polizia dove si cerca il criminale. L’anamnesi è importante perché molta gente non si ricorda di quello che ha provato nella sua adolescenza, per esempio come, per darsi un po’ di paura, di adrenalina, per vivere un po’ di intensità, con gli amici hanno praticato lo spiritismo come un gioco. Se ne dimenticano, sono passati 30 anni, però il parassita sta lì. Si sono messi in contatto con un’entità maligna e questa continua ad essere presente e attiva. Allo stesso modo certi traumi psicologici possono costituire una porta d’ingresso, persino un trauma fisico come una esplosione, un incidente, un forte spavento, una crisi familiare che genera uno shock emozionale. In questi casi, il corpo energetico si pone fuori quadro rispetto al corpo fisico. Questo corpo energetico ora si può filmare o fotografare con una tecnologia avanzata. Costituisce un’interfaccia tra il mondo visibile, sensibile, ed il mondo invisibile. I corpi spirituale e fisico si relazionano mediante il corpo energetico. E possiamo intervenire su questo corpo energetico. I parassiti spirituali si afferrano al corpo energetico e in ampia misura possono finire per colpire il corpo fisico. Un’infestazione spirituale può così arrivare ad ammalare fisicamente.

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Parlo di infestazione dato che esistono gradi diversi di parassiti. Se si tratta di una “enorme bestia”, si manifesterà in forma di possessione, però questa situazione è poco comune. Generalmente c’è molto rifiuto verso questa tematica dovuto all’impregnazione culturale, e dire “possessione” equivale a “esorcismo” e fa si che la gente pensi immediatamente a film sensazionali o situazioni straordinarie di possessione. Questo esiste, però è poco frequente, direi rarissimo. Però un certo grado di infestazione è per noi il pane comune di tutti i giorni. Viviamo purtroppo in un mondo molto contaminato a livello spirituale, senza saperlo, e precisamente per questa ignoranza siamo facili prede. Uno non si può proteggere da un pericolo che ignora, non può prendere le necessarie precauzioni.


- Che relazione c’è tra questi spiriti e quelli delle persone morte?

Nel mondo intermedio ci sono anche gli spiriti dei defunti o per lo meno lì transitano, non so fino a che punto... Quando si fanno questo tipo di esperienze di aprirsi al mondo invisibile attraverso i rituali e le piante si possono incontrare gli spiriti dei defunti.

È importante distinguere quando ciò si fa in forma corretta oppure no. Chiamare lo spirito del defunto per avere un'informazione o un servizio è una forma di spiritismo, una trasgressione spirituale. Altra cosa è pregare per loro. Ad esempio, molta gente viene qui con un contenzioso verso i propri parenti defunti, non si sono potuti salutare, non si è potuto dire loro “ti voglio bene, ti amo, ti perdono, perdonami...”. Non si sono perdonati, è rimasto qualcosa di non risolto. Così sì, si può chiedere di stabilire un contatto con il defunto per risolvere questo contenzioso. Però non si può comandare, ordinare; si tratta di una preghiera alla divinità, non si tratta di esigere una risposta automatica! Si prega: “Vorrei riparare a quello che successe con mia madre o mio padre che sono morti”. E subito si può presentare, nella visione con l’ayahuasca, la presenza del defunto. La persona parla con il defunto, si dicono quello che vogliono dirsi e si salutano. Il defunto se ne va. Accade una volta sola, niente più, e non ripeterà più. È un permesso eccezionale della divinità per il bene di entrambi, il vivo ed il morto. È un’opportunità, un dono, una grazia di Dio che si può riparare, riconciliare, perdonare, sanare. Per questo uno può pregare, chiedere a Dio di poter riconciliarsi o dire ciò che doveva dire a quella persona e Dio glielo concederà oppure no. Ma solo una volta. Nient’altro.

I due mondi dei morti e dei vivi sono separati e va bene così. Quando c’è una interpenetrazione dei morti nel mondo dei vivi non è normale né sano. Gli spiriti di molte persone che muoiono in maniere violenta rimangono lì, attaccati a questo mondo. Non prendono coscienza che sono morti, restano nel loro contesto abituale, legati alla loro casa, alla gente che amano. Quindi occorre aiutare queste persone ad andarsene perché possono perturbare molto i vivi.

Se uno prega i santi per esempio se chiamo Santa Teresa che mi aiuti, sto chiamando lo spirito di un defunto e questo sì, è autorizzato. Ma sto di nuovo chiedendo, pregando, non sto convocando a S. Teresa; quello si sarebbe spiritismo. Cercare di convocarla con la forza farebbe solo arrivare un demonio dipinto da S. Teresa. Però si può pregare.

Di fatto, qual è la differenza tra la magia e la vita spirituale cristiana?

Dio separa gli ebrei dai popoli vicini negando l’adorazione ad altri dei e il loro uso della magia. E, curiosamente, poi indica certe cose che si devono fare, che viste da fuori sembrano uguali alla magia prima proibita, come i sacrifici di animali. Qual è la differenza?3

La differenza è che la magia è manipolazione/uso delle leggi spirituali per forzare la vita, per forzare Dio, con il fine di avere un beneficio. Nella pratica cristiana a partire dagli ebrei, si prega e ci si sottomette alla volontà divina. L’essere umano chiede e Dio dispone. Nella magia l’essere umano vuole imporre la sua volontà, a partire dalla conoscenza delle leggi della vita, leggi spirituali, manipolandole. Per questo tutti i gruppi esoterici e occultisti si procurano la conoscenza delle leggi spirituali per poterle manipolare a beneficio proprio, e stabiliscono per questo forme di iniziazione in seno a una gerarchia di potere. A maggiore conoscenza, maggiore potere. È il caso di massoni, rosacroce, teosofi e molti movimenti New Age.

La vita cristiana segue una relazione di nobile e volontaria sottomissione alla volontà divina, una relazione che viene dal cuore, con la fiducia nella bontà assoluta del padre. Chiediamo a Dio, però Lui sa ciò di cui veramente abbiamo bisogno e disporrà per il meglio. Molte volte non sappiamo quello che chiediamo, ciò che più si desidera non è necessariamente la cosa migliore in una prospettiva di realizzazione spirituale. E uno si sottomette di buon cuore perché si tratta di un padre buono, Lui saprà in che modo darci quello che chiediamo, quando e come.

San Paolo dice: “Ho una spina nella mia carne e ho chiesto tre volte Dio che mi liberi da questo”. E Dio risponde “La mia grazia ti basta”. Quindi non lo libera. Però significa che gli dà ciò che è sufficiente per sopportarlo. Perché? Lo sa Dio. Forse per mantenerlo nell'umiltà e proteggerlo dall'orgoglio, dall'inflazione dell'ego.

Riguardo i rituali e le liturgie cristiane, a volte si dice che è “magia bianca”. Per me non è magia, né bianca, né verde, né rossa, né nera, perché per me la magia è una manipolazione e qui si tratta di obbedienza a ciò che è stato chiesto e sollecitato da Dio. “Fate questo in memoria di me”.

Si prega e si chiede a seconda degli insegnamenti rivelati e Dio darà secondo la sau volontà. È una differenza assolutamente fondamentale. I rituali che realizziamo fanno parte di questa dinamica di obbedienza alla rivelazione cristiana. Si assumono le funzioni profetiche, sacerdotali e reali di tutti i battezzati.


- Il guaritore può convocare o allontanare gli spiriti attraverso i rituali?

Dipende... Sì e no, potenzialmente sì, però in pratica dipende dal guaritore, dal livello di forza malefica con cui si confronta. Credo ci siano certe cose che il curandero non può fare, che superano le sue capacità e dove deve fare appello a Cristo. Tutte le tradizioni ancestrali nel mondo hanno un certo grado di pratiche di liberazione, però anche tutte le pratiche di cura sono accompagnate parallelamente o simmetricamente da pratiche di stregoneria o sortilegi.

Quando il curandero canta dicendo “il sole ci da calore, l’acqua placa la sete, una pianta ci dà la forza, un’altra ci libera dalla paura”, sta realizzando una forma di lode alla vita, alla creazione e pronuncia o proclama la Verità. E ogni verità possiede una funzione esorcista. Quello che fanno i demoni, gli spiriti maligni, è essenzialmente falsificare la Verità, deformarla. Sono menzogneri per essenza. Quindi il fatto di dire la verità, di ricordarla, di invocarla, costituisce già un primo livello di funzione esorcista. Ristabilire la verità repelle ai demoni che non la sopportano. Mi sono chiesto molte volte come operi questa liberazione che si osserva clinicamente nel cantare cose tanto semplici.

I parassiti spirituali si afferrano al corpo energetico e in ampia misura possono finire per colpire il corpo fisico. Un’infestazione spirituale può così arrivare ad ammalare fisicamente.

Però funziona fino ad un certo livello, perché quando ci sono cose più importanti o forti, credo che non sia sufficiente. Mi sembra così, però mi posso sbagliare. Ci sono piccoli stregoni ed altri più potenti. C’è gente da temere, che può uccidere, far impazzire, condurre a cose terribili. Allo stesso modo, dall’altro lato, per dirlo in qualche modo, ovviamente un santo o una persona con una vita mistica forte ed una preghiera pura, ha una forza di liberazione che una persona senza vita spirituale non ha. Non sarà lo stesso potere, né la stessa efficacia. Allo stesso modo che se la Vergine chiede qualcosa a suo Figlio, non glielo si può negare. Ha uno status particolare perché qualsiasi sia quello che va a chiedere lo farà sempre con un cuore puro e perfetto.

Però se chiedo qualcosa, non sempre è pura o perfetta. Per questo si prega per proteggerci dalle nostre richieste non pertinenti, sebbene a priori ben intenzionate. A maggiore elevazione, più vicinanza a Dio, più purezza di cuore, ci sarà più potere ed efficacia nella preghiera. Anche, a livello di consacrazione, più potere nella preghiera di liberazione. Ossia, la preghiera di un Papa ha potenzialmente più forza della preghiera di un semplice cristiano. Sebbene non si sappia se questo cristiano abbia un cuore più puro di quello del Papa..Ci sono cristiani “nascosti” che possono avere più vicinanza a Dio, solo Dio lo sa.

Sicuramente, dall’altro lato, dopo la nostra morte, vedremo le cose in una maniera molto diversa. Scopriremo che c’è gente che oggi non pesa molto nella vita sociale moderna, come si dice nel “mondo”, ma che ha una vita spirituale molto elevata, senza che abbia a che vedere con la capacità intellettuale. Nessuno lo vede, però hanno una forza spirituale molto grande nel loro cuore puro. E può essere anche il caso di guaritori che possono liberare con la loro umiltà. Io l’ho visto ed è innegabile. Però, in termini generali, quando il combattimento spirituale si realizza contro avversari di alta gerarchia in una setta, per esempio, il confronto può richiedere non solo un sacerdote esorcista, ma meglio un vescovo, per esempio. Chi unisce le armi della propria consacrazione e a volte di una vita personale santa, avrà magari più possibilità di vincere. Un monaco dei primi secoli che credo si chiamasse Paolo il semplice, il semplicione, possedeva una forza d’esorcismo molto grande, giustamente per la sua semplicità e umiltà. La sua tremenda purezza di cuore che lo faceva passare per ingenuo o tonto, era invece un’innocenza benedetta e autentica.

La natura è creata buona, non c’è alcuna pianta o elemento della creazione che abbia in essenza uno spirito maligno. Però l’essere umano può utilizzare potenzialmente ogni cosa in maniera perversa. Ugualmente si può utilizzare l’ayahuasca per curare se chiamo lo spirito dell’ayahuasca per sanare, però si può arrecare danno con essa se manipolo lo spirito dell’ayahuasca con questo fine. Qui sta il potere dell’essere umano perché ha una parola potente, e da lì dispone del dominio sulla creazione. “Dominio” non è la parola adeguata, dato che questo potere è quello del servizio. La gerarchia spirituale conduce ad un servizio più alto. L’essere umano è più elevato del minerale, vegetale o animale nella gerarchia della creazione, e per questo dovrebbe averne più attenzione essendone più responsabile. Però lo stregone inverte questo ordine gerarchico, lo profana. Per esempio si lascia possedere dallo spirito di un felino e si trasforma in un predatore, un divoratore che può persino arrivare ad uccidere gente e bere il loro sangue, come una tigre, un leone o un puma. Il ribaltamento dell’ordine della creazione è propriamente un atto demoniaco. Non è che lo spirito della pianta o del felino sia malefico in sé, è l’uso perverso che l’essere umano ne fa che lo perverte. Lo spirito della coca è straordinario: non sarebbe esistito l’impero Inca o Machu Picchu senza l’insegnamento offerto da questo spirito. Però se si trasforma la coca, la si profana, e si ottiene cocaina per uso profano, che trasgredisce le leggi della vita, ciò può portare alla dipendenza. Così è quello che si fa con lo spirito delle piante o della natura, la predisposizione dell’essere umano nel suo uso per il bene o per il male, che determinerà che questo spirito serva per il bene o per il male.

Nella magia o nelle messe nere utilizzano persino ostie consacrate. Che l’ostia sia malvagia? Al contrario, la sua altissima sacralità manipolata permette un maggior grado di perversione e potere malefico. È l’inversione e la falsificazione che è demoniaca, non l’oggetto in sé. Dentro una sessione di ayahuasca, ci può essere contaminazione maligna se c’è assenza di protezione rituale corretta, negligenza, cattiva preparazione, intenzione perversa, contesto tossico, associazione con altre sostanze inadeguate, però la pianta è innocente. Non la si è utilizzata correttamente.

Un maestro curandero che mi insegnò per molti anni mi preparava rimedi con piante da prendere. E pregava parlando direttamente allo spirito della pianta, sopra al bicchiere della medicina, dicendo in maniera molto semplice: “Dì al dottore delle cose buone, non gli insegnare stupidaggini...”. Era sia una supplica che un ordine. I curanderos dicono che “non ci si deve lasciar dominare dalla pianta”. Non lasciare che si inverta l’ordine della creazione. La pianta, il suo spirito, si deve rispettare però non significa sottomettersi a lui, invertire le relazioni e lasciarsi possedere. Così non c’è niente di male nella creazione visibile, tutto è abitato da uno spirito, da un certo grado di coscienza, ogni cosa al suo livello. Però solo l’essere umano dispone di libertà, di capacità riflessiva, di coscienza di sé stesso, di parola fondante. Questa superiorità nella gerarchia della creazione lo rende responsabile di custodiarla e rispettarla. Questa libertà mal orientata gli da il potere per invertire eventualmente questo ordine, esercitare un dominio di sfruttamento invece che di servizio e così assumere un ruolo demoniaco o satanico.


- Lei sente complicata o chiara la relazione tra la sua fede cristiana e la sua attività di guaritore?

Beh io direi che con il passare del tempo si fa sempre meno conflittuale e al contrario c’è una maggiore congruenza e complementarità. Adesso per me è più chiaro che le piante e tutto quello che va con questa medicina tradizionale sono una forma pratica di accesso o una porta di entrata al mondo spirituale, però non un fine in sé. Se per esempio mi si desse da scegliere tra le piante e tutto questa conoscenza associata, e la fede cristiana e la sua pratica sacramentale, non sarebbe molto complicato, sceglierei la fede e i sacramenti. Non è lo stesso livello. La vita spirituale non necessita delle piante, non c’è qualcosa di indispensabile. È un cammino possibile, un’eccelsa via di entrata. Permette a noi occidentali di uscire dal nostro terribile razionalismo dove la fede è molte volte mentale, molto concettuale, poco incarnata. Queste medicine tradizionali ci fanno ricordare che abbiamo un corpo e che la spiritualità non implica scappare dal proprio corpo per vivere in alte sfere supercosmiche, ma far scendere lo spirito nella nostra realtà quotidiana e integrarla dentro e mediante il nostro corpo.

Non vedo contraddizioni tra l’uso corretto delle piante e la fede cristiana ma anzi una sinergia. Senza dubbio esiste un ordine gerarchico. Le piante e tutte queste pratiche collegate sono un’introduzione ad una vita spirituale che è di livello superiore. Le piante sono precursori della carità, dell’amore spirituale, ci portano a quello. Se si utilizzano bene, adeguatamente, con rispetto, con una ritualità sana e coerente, conducono alla vita spirituale e qui sta la divinità. Il nostro modo di praticare queste medicine o il cammino che seguiamo con loro, conduce a Cristo, alla Vergine, allo Spirito Santo, alla Trinità, vissute come realtà tangibilei. Sempre se uno si apre, lo vuole, lo accetta… non c’è nessun obbligo.

Molte persone vengono qui e non sono cristiane, non hanno alcuna educazione cristiana, o sono cristiani che hanno abbandonato la fede, o cristiani timidi, o cristiani “culturali”, e molte volte si la loro fede si riattiva o la scoprono. Avvengono molte conversioni, o gente che torna alla Chiesa, torna a praticare, si avvicina ai sacramenti. E tutto questo perché con le esperienze con le medicine tradizionali nel contesto correttamente ritualizzato, con le preghiere, la fede riprende senso, si vive, si sente, si sperimenta. Con gli anni questo fenomeno aumenta costantemente.

Questo spazio rappresenta uno strumento straordinario per riscoprire la fede, o scoprire aspetti di quello che uno prima aveva lasciato da parte o ignorato. Permette di vedere come si incarna nella quotidianità di ciascuno. Non si tratta di esperienze eteree, di stare “volando” in sogni favolosi, ma di sperimentare dimensioni transpersonali, di contatto con la trascendenza, di osservazione dell’energia della vita in tutta la creazione e in noi stessi, di prova della forza della preghiera, che riscuote senso per sé stessi e tutto ciò che è collegato all’integrazione nella vita quotidiana.

La natura è creata buona, non c’è alcuna pianta o elemento della creazione che abbia in essenza uno spirito maligno. Però l’essere umano può utilizzare potenzialmente ogni cosa in maniera perversa.

Per me, la contraddizione iniziale va scomparendo, e quello che mi sembrava molto distante si avvicina. Si stabiliscono ponti, connessioni, ogni giorno più evidenti e che trovano appoggio nella pratica della vita spirituale, per esempio nella liturgia.

Quando si prendono le piante, specialmente l’ayahuasca, la prima cosa che sorge è un confronto con sé stessi. Ci si incontra con il proprio lato oscuro, la propria ombra, le paure, le cose non risolte. E uno lo vede da sé. Per esempio puoi vedere che durante gli anni hai maltrattato tua moglie perché non le hai prestato attenzione, non l’hai saputa ascoltare. Diventa così evidente, con tanta chiarezza, che porta al pentimento perché uno si rende veramente conto del proprio atteggiamento. La presa di coscienza dell’errore, del “peccato”, della mancanza, dell’ignoranza, della negatività, viene accompagnata dalla necessità di chiedere perdono. Felicemente con l’aiuto di questa luce, arriva l’evidenza che si può agire in maniera differente, che c’è un’altra maniera di affrontare il problema.

Dopo o simultaneamente viene il riconoscimento di tutto quello che uno ha ricevuto dalla vita, nonostante le difficoltà e le infelicità. Si può vedere che “mio padre mi maltrattò, mia madre era asfissiante, però sono stati parte del cammino per arrivare a questa vita, senza di loro non sarei vivo”. Si rivedono i giudizi negativi e si relativizzano: “Mio padre era assente, tutto il tempo fuori, però era perché lavorava, perché voleva darmi il meglio, era il suo modo di amarmi, ha fatto quello che poteva secondo la sua personalità”. Questa presa di coscienza porta alla gratitudine. Dire grazie e grazie alla vita, grazie a Dio e grazie all’aria, alle piante...

Troviamo sempre questi due elementi, perdono e gratitudine. Non importa la credenza, la religione, la cultura, il livello socioeconomico, il sesso, ecc. È parte della condizione umana, quando si apre alla coscienza, di vedere sorgere queste due cose dalle proprie profondità, in modo spontaneo. Perdono e gratitudine. È così spontaneo che molte volte la gente dice persino “perdono, perdono” senza sapere realmente perché deve chiedere perdono. In una sessione successiva, si va precisando: “devo chiedere perdono a mio padre, devo perdonare mio figlio, devo perdonare me stesso...”. In altre parole appare questa coscienza della mia imperfezione, delle mie limitazioni, non sono una persona perfetta al 100%, ho la mia parte d’ombra e vedo come danneggia gli altri, me stesso, la mia relazione con la vita e con Dio. Al contrario, si manifesta l’altra faccia della vita, come nonostante i miei errori, le mie deficienze, senza meritarlo, mi si diede vita, mi si diede amore, affetto, denaro, beni materiali, salute, momenti di allegria, ecc.. “Grazie alla vita che mi ha dato tanto”. Grazie ai miei genitori, grazie a quel professore, grazie a mio fratello, grazie al vicino, grazie alla natura, grazie a Dio.

Questo è in contraddizione con il cristianesimo? Se è in contraddizione, non ho capito niente del cristianesimo.

La coscienza in termini cristiani che sì sono un peccatore però a volte sono un figlio della vita, erede di Dio. Ho visto molte cose negative e persino maligne in me, però non sono un demonio né un disgraziato né un orfano. Per me chi è più cristiano di questo? E questa presa di coscienza si ha dal corpo, dalla mia incarnazione in questo mondo, dalla mia esperienza quotidiana, dalla mia realtà più ordinaria. Quando uno osserva queste prese di coscienza, tutto si fa d’improvviso molto semplice, molto evidente. Nn c’è nessuna magia, né bianca né di altro colore...

La pianta rappresenta una mediazione particolare quando si usa bene, dentro una forma rituale coerente, con una buona preparazione, facilita il contatto con le profondità del proprio essere interiore e con la trascendenza che abita lì, nella propria intimità. La mia osservazione è che qualsiasi persona, la più nera, la più delinquente, la più negativa, ha uno spazio intimo, il suo spirito in un certo modo, che è intoccabile. È qualcosa di realmente incredibile! Gli spiriti maligni possono colpire la mia mente, i miei sentimenti, però non possono entrare in questo nucleo, nello spirito, dove sto solamente io con Dio. Così la libertà interiore non è colpita mai al 100%, esiste sempre qualcosa di inaccessibile al male. Mi sembra del tutto coerente con la fede cristiana.

Per questo quando ci sono pazienti che hanno avuto vite molto difficili, hanno ucciso, hanno consumato e venduto droghe, hanno commesso barbarie, a volte molto gravi, lì si vede che al di sotto di tutte queste macerie della vita, resta una luce. Lo spirito, l’anima, la coscienza divina, non so come chiamarla, però sta lì, sotto le macerie. Per questo si possono aiutare le persone ad avere fede, speranza, sapere che non è in vano che si cerca di togliere tutte quelle macerie, perché in fondo resta la luce.

Utilizzare queste conoscenze ancestrali della medicina tradizionale amazzonica, associandole ad un contesto dottrinale cristiano, può produrre meraviglie. La forza di guarigione e conversione che si trova lì è incredibile. Con questa finalità qui consacriamo tutto a Dio. Si consacra il luogo, l’ayahuasca, tutto quello che si utilizza, le piante, e le si colloca, soprattutto l’atto di curare, sotto la giurisdizione della Vergine. Si invocano gli angeli e i santi come protettori spirituali. Come in qualsiasi cammino spirituale ci sono protettori favoriti, prediletti.


- Secondo il suo pensiero, l’incontro con gli spiriti e la credenza in essi sono necessari per il processo di guarigione dei pazienti?

Non è importante che i pazienti credano per iniziare questo trattamento. La maggior parte dei pazienti che arrivano qui non crede nell’esistenza degli spiriti. Né di Dio. Non hanno mai ricevuto un insegnamento a riguardo né hanno vissuto un’esperienza di questo tipo. Però nel corso del processo molti scoprono questa realtà spirituale, vedono o percepiscono i demoni e possono capire come essi hanno influenzato la loro vita.

Gli spiriti non hanno una forma reale, sostanziale, non hanno un corpo. Però noi li percepiamo attraverso il filtro del nostro cervello e del nostro bagaglio simbolico-culturale. Si rendono percepibili per noi dalla nostra materialità, dal nostro sistema percettivo. Quando un mistico vede un angelo con le ali bianche sulla sua spalla, non si tratta di una realtà materiale, ma di una realtà spirituale che esprime, nella sua forma percepibile, la simbologia del suo essere. Le ali simboleggiano la sua dimensione spirituale che possono elevarlo fino alle altezze del cielo, cielo spirituale e non cielo materiale. Anche i demoni hanno le ali per loro natura ugualmente spirituale, però sono nere, simboleggiando il loro legame con l’oscurità. Si tratta di figurazioni, rappresentazioni e non di una “presentazione”, di qualcosa di reale o presente a livello fisico.

Mano a mano che la coscienza si va affinando, queste rappresentazioni si modificano fino a scomparire. Sono supporti necessari per accedere alla coscienza spirituale. Non significa che siano inesistenti o virtuali, ma che è la nostra immagine interiore di questa realtà spirituale che si modifica, passando da un simbolismo molto colorato e illustrativo alle realtà emozionali, psichiche e spirituali che le sostengono. Vale la pena insistere sul fatto che non sono solo realtà emozionali e psichiche ma anche spirituali. Così un mostro può rappresentare la mia paura per esempio o un aspetto perverso della mia personalità, però può anche manifestare la presenza di un’entità demoniaca che mi parassita e mi conduce alla perversione. Si tratta di un discernimento terapeutico che si esercita dato che implica un approccio differenziato. Possiamo cercare di razionalizzare queste esperienze fino ad un certo punto, però per progredire nella vita spirituale sarà necessario passare da una lettura puramente psichica alle realtà spirituali.


- L'incontro con gli spiriti è necessario per il processo di guarigione?

Non è necessario in prima istanza però inevitabile se si vuole proseguire nel cammino spirituale. Altre volte si impone quando c’è un’infestazione importante. Uno non lo scopre, solamente si evidenzia.

Ci sono persone che vengono per un seminario di due settimane e non saranno in nessun modo convinte dell’esperienza degli spiriti per la brevità del loro soggiorno. Sebbene li abbiano visti o percepiti, i riflessi della razionalità si riattivano rapidamente quando si trovano di nuovo nella vita ordinaria. Non sono preparati per approcciare questa realtà, non dispongono di strumenti concettuali per ubicarli, il positivismo della società frena l’accettazione, c’è paura di essere messi in ridicolo. Senza dubbio percepiranno un cambiamento psicologico, emozionale, relazionale e progrediranno nella loro vita. La libertà di ogni persona di fronte a queste esperienze viene rispettata.

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Dunque, se uno vuole realmente sperimentare la vita spirituale, quella si imporrà nel cammino. Non si tratta di semplice credenza. Sebbene la fede non si appoggi su prove matematiche né scientifiche, si deve senza dubbio sperimentare. La fede bruta o la fede cieca che è adesione incondizionata a quello che dice un tale o un altro tizio, per me si rivela una forma di credenza superstiziosa. La fede richiede intelligenza, riflessione e prova empirica nelle nostre esperienze di vita.

Di fatto non si può neppure sperimentare o provare tutto. Come dice San Giovanni “Dio non lo ha visto mai nessuno”. Mai raggiungeremo qualcosa che ci supera totalmente e resterà sempre un enorme mistero che giustifica precisamente la fede. Senza dubbio, tra tutto e niente, esiste un termine intermedio dove si può sperimentare, dove si assapora qualcosa della realtà spirituale, dove si prova il suo senso e coerenza, come un’anticipazione del “regno a venire”. Le esperienze spirituali a volte sorgono nella vita di una persona senza che questa le cerchi intenzionalmente. Però non è neppure proibito aprirsi a queste esperienze, prepararsi, farsi disponibile a riceverle. Non si inducono attraverso azioni magiche ma per il fatto che uno si offra per ricevere la grazia. E la grazia verrà di per sé. Nella mia osservazione, quando uno chiede di cuore, con umiltà, e rispetta i passi da seguire, avrà sempre un qualche tipo di risposta. La risposta sarà adattata a ciascuno. Perché quando c’è questo contatto con il mondo invisibile per un occidentale, poi si stabilisce la questione di come integrare quest’esperienza nella vita psichica, simbolica e nel quotidiano. Per un occidentale moderno del XXI secolo, l’apparizione di un demonio, di un angelo o di una realtà trascendentale può sorpassare la sua capacità di integrazione. Che fare di questa esperienza? Può darsi che non ci si faccia nulla e la si classifichi rapidamente come una suggestione perché non si sa come ubicare questa esperienza all’interno dei riferimenti abituali, nella propria cosmovisione. Oppure si possiede un riferimento simbolico o religioso che permetta di processare l’esperienza. Oppure si dovrà cambiare paradigma di pensiero e rivedere la propria maniera di concepire il mondo e la vita.

Per un indigeno il problema è molto differente perché vive dentro una cosmovisione che integra queste realtà spirituali. È immerso in una cultura che parla di questo tutti i giorni, dove ci sono racconti, storie degli anziani, leggende, miti. E’ qualcosa di quotidiano e dunque saprà dove ubicare questa esperienza nella sua cartografia o cosmogonia interiore. Per la nostra cultura occidentale positivista, materialista, determinista, che nega l’esistenza del mondo invisibile, si considera più come una fantasia o peggio un delirio che conduce alla psichiatria, una credenza di un passato superato, una superstizione del medioevo. Con questo si pretende di annullare la realtà di queste esperienze.

Ciò nonostante, la nostra cultura occidentale prima di razionalizzarsi in maniera estrema, si costruì e si alimentò in essenza della fede cristiana. E fino ad oggi, la dottrina ed il magistero mantengono questo valore della rivelazione iniziale. Valore considerevole perché giustamente ci permette di ubicare queste esperienze nel mondo invisibile, dotarle di senso e coerenza. Abbiamo necessità di realizzare un’esplorazione del mondo angelicale partendo dalle radici dimenticate del cristianesimo. Rivedere il nostro concetto del mondo invisibile della natura partendo dalla dimensione del Cristo cosmico, l’alfa e l’omega. La cultura occidentale può rinnovarsi da un cristianesimo “moderno”, per così dire, a partire dalla sfida e la perizia delle culture ancestrali in quanto agli stati modificati di coscienza e la loro relazione stretta con il mondo invisibile. Questo modernismo della fede in realtà suppone di riannodare i legami con gli insegnamenti originari del cristianesimo. Perché quando uno legge i Vangeli, incontra queste realtà ad ogni pagina. Gli Atti degli Apostoli raccontano molteplici aneddoti. La Patristica dei fondatori della Chiesa, dei monaci del deserto d’Egitto o Siria, è piena di descrizioni di queste relazioni con il mondo invisibile, di esperienze mistiche.

Purtroppo la teologia cristiana occidentale, non tanto l’orientale, è diventata molto concettuale. Nelle università del Medioevo si iniziarono dibattiti teorici privati sull’esperienza mistica. E questo si acutizzò nel tempo fino a San Tommaso d’Aquino, passando per Sant’Agostino. Non sono specialista né teologo, però vedo come religiosi e sacerdoti che prendono piante presto riscoprono la concretezza e realtà di queste esperienze che conoscono solo in maniera concettuale. Questa realtà psichica si manifesta come incarnata nel proprio corpo. Ed è tutta una scoperta. Tommaso d’Aquino, riferimento teologico ancora attuale, racconta lui stesso come durante una messa, a sessant’anni, ha un’esperienza mistica che lo scuote nelle sue fondamenta. Esce da questa esperienza e dichiara: “tutto quello che ho scritto finora è paglia per il fuoco”. Non tornò mai a scrivere e non terminò la sua Summa Theologica. La sua breve esperienza mistica fu sufficiente per relativizzare anni di lavoro intellettuale. Voleva afferrare lo spirito però fu afferrato da Lui. Temo di essere pretenzioso o vanitoso dicendo questo, di fronte ad un monumento della teologia, però lo riconosce lui stesso...

Dalla mia esperienza mi sembra evidente l’eccesso di concettualizzazione ed intellettualismo del clero contemporaneo. Qui sono venuti eruditi, teologi, intellettuali di grande calibro, però quando prendono le piante, appare a volte una grande dissociazione tra le loro conoscenze teoriche e la loro vita sensibile. E quindi si aprono ad una prospettiva totalmente differente della fede. D’improvviso prendono coscienza, come disse uno, che tutto quello che avevano letto nella loro vita, i fin dei conti era reale, una realtà incarnata, corporale, sensibile, qui ed ora nel loro proprio corpo e realtà.

E questo è favoloso dal mio punto di vista perché queste persone sì hanno un’educazione, una cultura, un’erudizione, una capacità di riflessione che permette loro potenzialmente di assimilare la propria esperienza personale dentro una cosmovisione elaborata che conoscono intellettualmente e che dunque possono fare pienamente propria. È un potenziale considerevole di rafforzamento della fede, di esplicitazione della sua profonda coerenza. Si moltiplica la loro capacità di comprensione della fede a partire da questa sorte di rivelazione personale in base alla propria esperienza con le piante. Essi posseggono gli strumenti adeguati.

La cultura occidentale può rinnovarsi da un cristianesimo “moderno”, per così dire, a partire dalla sfida e la perizia delle culture ancestrali in quanto agli stati modificati di coscienza e la loro relazione stretta con il mondo invisibile.

Io soffro quando vado a messa ed ascolto uno dei frequenti racconti in cui Gesù espelle demoni e poi, nell’omelia, il sacerdote sorvola su questo, non lo commenta perché non sa che fare con queste storie che lo disturbano. O molte volte lo commenta semplicemente dicendo che questo ci dimostra che Gesù fa il bene, ha compassione di chi soffre. Però non si tratta solamente di dare un bicchiere d’acqua, vestire chi è nudo, visitare il prigioniero, ma di una lotta faccia a faccia con il Maligno. Espelle un demonio dal corpo di una persona in un attimo. Non è poca cosa. Perché non si fa più al giorno d’oggi? Perché si è smesso di farlo? Perdonando l’ironia, a Gesù mancavano gli studi di psichiatria per accorgersi che si trattava di uno schizofrenico? E quindi come lo ha curato? Sempre con la suggestione?

Ebbi la opportunità di conversare con un sacerdote esorcista di una capitale europea, che mi diceva che c’era molta gente con problemi di isteria, suggestionati. Chiaro, questi casi esistono, però sono scomparsi i posseduti e gli infestati? Questo sacerdote esorcista mi raccontò come procedeva. Quando si presentava un paziente, lo ricevevano alcune signore anziane di buona volontà. Senza alcuna competenza in psicologia e di buon cuore si dedicano di base a tranquillizzare il visitante. Gli consigliano di riposare, avere fede, speranza, confessarsi, pregare, fare l’adorazione al Santissimo... e così il problema passerà. Se considerano che sia un caso speciale, grave, incomprensibile, avvisano il sacerdote esorcista. Egli mi precisò che la prima cosa che fa è mandarlo da uno psicologo o psichiatra perché gli dica se si tratta di una patologia mentale. Ossia il sacerdote esorcista si sottomette all’opinione della “scienza medica”, se la psichiatria può considerarsi una scienza dato che le diagnosi sono approvate e risultano da una votazione. Ed esistono categorie nosografiche pronte per etichettare questo tipo di paziente… e collocarlo nella contenzione di una camicia di forza chimica. Se, dopo tutto, lo psichiatra ammette eccezionalmente che ciò esula dalle sue capacità, il sacerdote sollecita un permesso individuale al vescovo per realizzare un esorcismo o preghiere di liberazione. Di fronte a tanti ostacoli gli domandai: “Padre, però lei in 5 anni quanti casi ha trattato?”. “Nessuno”, mi rispose. “Lei non ha realizzato nessun esorcismo?”. “No, non c’è la necessità”. Quindi, una capitale europea, con milioni di abitanti, e tante cose non tanto sante, e questo sacerdote esorcista non scoprì neppure un caso. E mi chiedo come Gesù a Cafarnao, che in quell’epoca doveva avere poche migliaia di abitanti, incontrò tanti posseduti o infestati. O tutti i giudei di quell’epoca erano infestati e noi a Bruxelles, Madrid, Parigi o Roma siamo immacolati, oppure c’è qualcosa che ci sfugge. Se non si individuano, non si agisce neppure per liberare gli infestati. Non “metto in croce” questo sacerdote perché so che in effetti semplicemente non gli si insegna nulla su questo tema. Un sacerdote cileno, mio amico, dottore in teologia, mi confessò in maniera ingenua di non aver mai ricevuto alcun insegnamento sul combattimento spirituale. Si nominano sacerdoti di buona volontà, però senza nessuna formazione. E ciò nonostante il tema sta in ogni pagina del Vangelo.

Mi sembra molto grave per la salute delle persone, fisica e ovviamente spirituale.

Viviamo in un’epoca in cui c’è una molteplicità di pratiche occulte, spiritiste, settarie, sataniche, cose terribili, gruppi mafiosi... è terribile e noi cristiani stiamo qui, aspettando passivamente che passi, quando abbiamo gli strumenti per combattere e vincere. Abbiamo il potere della Chiesa mediante la successione apostolica, il potere di Cristo nelle mani dei consacrati, il potere della Vergine che schiaccia Satana, il potere di San Michele come capo delle armate celesti, il potere del sangue dei santi e dei martiri... e non si utilizza! Così credo che si debba de-razionalizzare la fede, de-occidentalizzare la Chiesa… avvicinarsi al Cristianesimo orientale e ai Cristiani dei popoli ancestrali.

Nel 2006 a Taiwan, si realizzò un congresso su sciamanismo-cristianesimo convocato da un vescovo indigeno di Taiwan. I monaci e i sacerdoti di campo che vivono molto vicini agli indigeni testimoniano che lo sciamanismo si deve valorizzare, considerare e guardare sotto uno sguardo rinnovato. Il loro lavoro è ammirevole e il documento di questo evento quasi rivoluzionario4. Agli indigeni religiosi o cristiani si chiede in qualche modo di abbandonare la loro identità, rifiutare quello che viene considerato primitivo o pagano. A me sembra profondamente sbagliato, ingiusto e arrogante. La Chiesa si orienta alla predica, all’evangelizzazione, alla salvezza, però si è dimenticata la salute. Gesù prima sana e poi predica. Manda anche a sanare gli infermi e liberare gli indemoniati.

Qui in America Latina esistono gruppi di teologia indigena che si riuniscono da circa 20 anni, credo. Realizzano incontri con indigeni cristiani e sacerdoti. Non partecipo mai, però per quello che ho visto nei resoconti, raccomandano di ascoltare la voce dei popoli indigeni. Dice così anche il Papa con questa convocazione di un Sinodo panamazzonico per il novembre del 2019. Dunque, qual è la voce delle nazioni indigene? Che dicono? Dove si esprime la voce degli indigeni? Nelle pubblicazioni? Nei libri? Nei discorsi? Su youtube? No, la voce degli indigeni si esprime nella loro pratica di guarigione fisica, psicologica, emozionale e spirituale, nei loro rituali, nei canti consacrati o curativi, nelle loro tradizioni.

Se non si condivide l’esperienza in cui ci si incontra con la modificazione di coscienza indotta e ritualizzata, con piante o senza, credo che non si possa ascoltare realmente la voce degli indigeni. È sorprendente per un occidentale, dà molta paura, genera insicurezza. Non si tratta neppure di idealizzare il mondo indigeno dopo averlo “satanizzato”. Non si ha tempo per lasciare le proprie radici occidentali, cristiane, per entrare in quegli spazi, come neppure si deve chiedere all’indigeno di abbandonare le sue per entrare nella Chiesa. Però il cristiano potrà verificare che gli spiriti esistono, che chiunque li può sperimentare, che si richiedono condizioni adeguate. Se i gruppi di teologia indigena non vivono questa realtà, che potranno fornire? Che si potrà ricevere dal mondo indigeno se si vuole restare nella posizione di chi dà e non riceve? Che dignità si offre ai popoli indigeni se li si considera solo come poveri e incapaci di apportare qualcosa della loro ricchezza culturale o spirituale? I membri della Chiesa che partecipano a questi incontri in generale non conoscono direttamente, per esperienza propria, le esperienze proposte dalla medicina tradizionale nella loro sfera spirituale. Incluso molti indigeni cristiani che partecipano a questi incontri neppure continuano a partecipare di queste conoscenze. Come se diventare cristiani significasse rinunciare a questa saggezza ancestrale.

Ho avuto un’esperienza diretta con un capo indigeno cristiano. Venne a Takiwasi per delle circostanze della vita e per la prima volta prese ayahuasca e altre piante maestre con un francese! Un paradosso che sia un europeo a rimetterlo in contatto con le sue proprie tradizioni... Ora nei ritiri cristiani con i giovani hanno introdotto l’uso ritualizzato di piante come mezzo di purificazione, di meditazione, di apertura alla dimensione spirituale. La saggezza ancestrale feconda il cristianesimo e viceversa.

Di fatto, la riserva verso la medicina tradizionale ha a che vedere con il fatto che nei popoli indigeni esiste anche tanta stregoneria e anche per questo si usano le piante medicinali, incluso l’ayahuasca. Gli indigeni hanno terrore della stregoneria, alla quale sono costantemente esposti con il rischio di ammalarsi, impazzire e persino morire. Molti guaritori indigeni e meticci, non so se la gran maggioranza, apprendono qualcosa anche della stregoneria, proprio per potersi difendere dagli attacchi degli stregoni. Sono mezzo guaritori e mezzo stregoni. La lotta contro gli stregoni è quasi un combattimento corpo a corpo. Anche io devo lottare contro gli attacchi degli stregoni, però non corpo a corpo perché chiedo la protezione e l’aiuto di Gesù. In questo senso si dimostra che non è necessario apprendere la stregoneria per difendersi. Questo rappresenta una rottura con la tradizione guerriera indigena. Non si richiede di entrare in questa lotta con le medesime armi che alla fine portano a convertirsi in uno stregone, sia pure parzialmente. Però si necessita fede e una fede viva. Le aggressioni di stregoneria, magia, possono perturbare in maniera molto forte a livello fisico e mentale. La tradizione cristiana offre gli strumenti spirituali per questo combattimento. Gesù vinse il male. Per questo credo che la pratica cristiana di queste medicine sia un cammino per l’evangelizzazione.

Espiritus4

Ciò nonostante la “evangelizzazione” deve essere anche reciproca. Ossia si deve apprendere il linguaggio degli indigeni e lasciarsi istruire dalla loro saggezza. Per ascoltare la voce degli indigeni, non si tratta di realizzare un’inchiesta sul loro modo di pensare o uno studio antropologico. Non apporterà gran cosa chiedere per esempio agli indigeni come vedono la Chiesa del futuro. Non è la loro maniera di esprimersi. Però se si partecipa alle sessioni di ayahuasca o di ritiro nella selva, i canti di guarigione o insegnamento, gli ikaros, queste cose dicono 10.000 volte di più di una dichiarazione formale o un testo.

E questo linguaggio universale si capisce con il cuore, non con la mente. Si tratta di un altro linguaggio, un linguaggio metaforico, analogico, che passa per il corpo e le emozioni, che si dirige al’emisfero destro, che ha a che fare con l’intuizione, la simbologia, la poesia. L’emisfero sinistro si esprime invece in un contesto di congressi, di conferenze, di insegnamenti formali. Queste forme occidentali, razionali, hanno il loro spazio e i loro vantaggi, però non corrispondono al messaggio indigeno. Sono due metà differenziate ed è tanto difficile per gli occidentali aprire il loro emisfero sinistro come è laborioso per un indigeno essere operativo dalle funzioni dei un emisfero sinistro che non ha allenato. L’emisfero destro non è accessibile al discorso razionale, ma alla parola illustrativa, la parabola, come faceva Gesù. Gesù non dà lezioni di teologia, ma procede per immagini, aforismi, confronti. Il mondo spirituale non si può contenere in un verbo razionale. È come l’amore. Se ami una donna, le vai a dire “Ti amo, sei bella”. Questo lo dicono tutti! Per spiegare il “tuo” amore, in modo specifico, dovrai scriverle un poema o utilizzare il linguaggio simbolico dei fiori, con un disegnino molto personale... alla fine, si tratta di qualcosa di tuo, unico, personale. È un’altra parola, una parola differente, una parola metaforica, analogica, poetica, simbolica. E noi nel linguaggio occidentale abbiamo perduto molto di questa dimensione non razionale, ci siamo impoveriti, ridotti al funzionale. Questo ampliamento del nostro verbo è qualcosa che ci possono fornire gli indigeni, tra le altre cose.


- Vuole aggiungere qualcosa per concludere quest’intervista?

L’apporto delle medicine tradizionali, bene applicate, insisto, ben sviluppate, consacrate, per dirlo brevemente, con la preghiera, la collocazione sotto lo sguardo di Dio, senza la manipolazione delle persone, interviene giustappunto nell’attualità, in questo cambiamento della società, di paradigma, per incorporare meglio la nozione di spirito. Potremmo dire che l’Antico Testamento rappresenta la teologia del Padre, il Nuovo Testamento la teologia del Figlio e ora ci stiamo approcciando alla teologia dello Spirito Santo, Teoria e Pratica.

Non si tratta neppure di fare un’apologia dell’uso delle piante psicoattive o sacre delle medicine tradizionali. Di fatto rappresentano una maniera straordinaria per approcciare il mondo spirituale, il mondo invisibile interiore ed esteriore. Giocano un ruolo di facilitatore e mediazione, però non possono rappresentare un fine in sé. Sono medicine che riguardano la dimensione spirituale, però non costituiscono una religione. Inoltre la dimensione spirituale che offrono è totalmente compatibile ed in sinergia con la fede cristiana, alle condizioni che ho segnalato prima. Arricchiscono l’esperienza di questa fede, la aprono ad altre dimensioni che abbiamo dimenticato come la corporeità, la cartografia del mondo spirituale, la permanenza del combattimento spirituale.. Offrono conoscenze che sorgono da un’esperienza millenaria. Sul tema si possono fare libri film, conferenze, interviste.. tutto questo va bene, però arriva il momento in cui si deve sperimentare. Niente sostituisce l’esperienza diretta, sulla propria pelle.

Le piante sacre non sono neanche l’unico cammino. Per esempio le esperienze del movimento carismatico possiedono questa dimensione di cura, di combattimento spirituale, di stati modificati di coscienza. O gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, per limitarsi alla realtà cristiana. Ultimamente si fa più presente la necessità di avere più sacerdoti esorcisti. Papa Francesco ha riconosciuto l’associazione internazionale degli esorcisti. È altamente desiderabile che si approfondiscano le dimensioni del combattimento spirituale dato che per me siamo realmente in una situazione di emergenza spirituale. Di fronte al Male, al Maligno, che invade la nostra epoca attuale, c’è da essere “astuti come serpenti e puri come colombe”.

Astuzia non nel senso di malignità, ma come figli della luce di fronte ai figli dell’oscurità, di fronte alle strategie perniciose di certi “fratelli”. Se pretendiamo di essere figli della luce, dobbiamo metterci in questa lotta, avventurarci, sapendo che disponiamo del potenziale incredibile che ci ha dato Gesù e i secoli di esperienza accumulata della vita e tradizione cristiana, della mistica, dei santi. C’è una certa urgenza e non è da prendere con l’atteggiamento del “bisogna riflettere, vedere...”. I fenomeni di crescita esponenziale delle tossicodipendenze, degli incesti e abusi sessuali, di pratiche esoteriche e occultiste quando non sataniche, di corruzione generalizzata, del traffico di persone, delle nuove forme di schiavitù… non autorizzano ad un atteggiamento contemplativo e passivo. La pedofilia nella Chiesa ci mostra che “il fumo di Satana”, come disse Paolo VI, è penetrato fin nel cuore della Chiesa. Sono fatti gravi e molto seri che rendono necessario agire e farlo rapidamente, sebbene sempre con prudenza.

La nostra iniziativa a Takiwasi cerca di dimostrare che è possibile condurre questo combattimento, di sicuro con le nostre limitazioni. Propone di uscire dai dibattiti teorici per offrire fatti, passare dalla predica all’esperienza viva. Ed esistono fatti concreti, ragazzi che escono dalla dipendenza, gente che si converte, cambiamenti di vita, avvicinamenti tangibili tra il mondo indigeno ed il mondo occidentale, e tra le due spiritualità.

L’albero si riconoscerà dai suoi frutti.


Trascrizione letterale della forma orale, con le approssimazioni e limitazioni di questo tipo di esercizio. Si tratta di una conversazione spontanea e non di un'esposizione medica, antropologica o teologica

1 Alberto Dubbini è laureato in Scienze Geologiche ed è professore di scienze naturali presso il Liceo Scientifico “Luigi di Savoia” di Ancona. Possiede inoltre una laurea specialistica in Scienze Religiose, Istituto Superiore di Scienze Religiose "Italo Mancini", Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Italia.
2 In seguito mi sono reso conto che questo stesso fenomeno era stato descritto altrove come con i "graniceros" del Messico. La tradizione quechua li chiama "figli dei fulmini", vedi: Bianchetti, Maria Cristina (2014), especializaciones y afecciones que rigen aún hoy en el área andina centro oeste suramericano, Scripta Ethnologica, Vol. XXXVI, Bs. As ., pp. 129-165.
3 Vedasi P. Juan-Carlos Rodríguez, Hermenéutica de la Magia en la Biblia, Monografia non editata, biblioteca Takiwasi.
4 LA RENCONTRE DU CHRISTIANISME ET DU CHAMANISME EN ASIE, Bulletin EDA n° 457, Dossiers et documents N° 2/2007, Février 2007. Improvements In The Meeting Of Shamanism And Christianity Among The Indigenous Peoples Of East Asia And Oceania, Resources “EAPR” East Asian Pastoral Review 2006, Volume 43, Number 4, A Report on an International Symposium held in Taiwan in February 2006.